Ventotene nei secoli ha ospitato illustri personaggi: dalle donne “ribelli” dell’Impero Romano, come Giulia figlia di Ottaviano, ai più recenti confinati dal regime fascista Sandro Pertini, poi Presidente della Repubblica, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, considerati tra i padri dell’Unione Europea per aver firmato il Manifesto di Ventotene, detenuti a Santo Stefano, il carcere panottico costruito dai Borbone sull’isola a poche miglia di distanza da Ventotene, a cui appartiene a livello amministrativo. Un’isola che per secoli, quindi, è stata dimora per prigionieri, dissidenti e ribelli e che a differenza della più ricercata Ponza, conserva un fascino particolare, ricca di storie da raccontare.
Lo sbarco di John Steinbeck a Ventotene:
Tra i personaggi illustri che sono approdati a Ventotene c’è John Ernest Steinbeck Jr., lo scrittore statunitense, premio Nobel per la letteratura nel 1962 e Pulitzer nel 1940 per il romanzo “Furore”. Steinbeck, tra le penne migliori del Novecento, fu anche cronista di guerra durante la seconda mondiale. Fu proprio in quest’ultima occasione che giunse a Ventotene. Lo scrittore in quel periodo già godeva di grande fama negli Stati Uniti tanto che alcuni tra i suoi romanzi erano stati acquistati da Hollywood per farne film, tra cui appunto “Furore”, sicuramente il romanzo più celebre dello scrittore statunitense. Dopo l’esperienza sul fronte di guerra, durata sei mesi, Steinbeck fece ritorno negli Stati Uniti dove partecipò alla trasmissione radiofonica di Orson Welles, The Orson Welles Almanac, continuando la sua attività di romanziere. Tuttavia, nel periodo del dopoguerra Steinbeck fece difficoltà a raggiungere i livelli di successo ottenuti in precedenza, fatta eccezione per alcuni romanzi come “La Valle dell’Eden”. Gli ultimi anni di vita Steinbeck li passò in viaggio prima negli USA a bordo di un camper in compagnia del suo cane, successivamente in Europa tra Italia, Francia e Grecia. Morì nel 1968 in seguito a una crisi respiratoria.
Come cronista di guerra per il “New York Herald Tribune”, Steinbeck trascorse sei mesi, dal 21 giugno 1943 al 10 dicembre dello stesso anno, sul fronte europeo, partecipando alle attività delle truppe statunitensi. Raccontò l’esperienza da inviato speciale nel testo Once there was a War (C’era una volta una guerra). Lo sbarco a Ventotene da parte dei militari statunitensi avvenne la notte dell’8 dicembre 1943 quando 46 uomini del 509° battaglione paracadutisti della marina statunitense guidati da Douglas Fairbanks Jr. (successivamente celebrità di Hollywood) approdarono con l’imbarcazione PT boat al porticciolo di Ventotene. Al loro seguito c’era anche Steinbeck che seppe descrivere quei momenti concitati in modo impeccabile, quando per spingere alla resa i soldati tedeschi venne ideato un bluff che portò alla liberazione di Ventotene intorno alle 3 del mattino di quel freddo dicembre. Ciò che rende il racconto di Steinbeck diverso dalla narrazione di guerra dell’epoca – oltre al raccontare con estrema chiarezza le dinamiche tra catene di comando, piani per l’attacco, per la difesa e la resa finale – è mostrare la vicenda dal punto di vista dei soldati. Un racconto fatto di emozioni, storie, quotidianità e piccoli momenti di intimità fondamentali per la sopravvivenza in un contesto come quello della seconda guerra mondiale, una delle pagine più drammatiche per la storia dell’umanità: “Forse è giusto e perfino necessario dimenticare i disastri, e le guerre sono di sicuro disastri cui la nostra specie sembra incline. Se potessimo trarne un insegnamento, sarebbe utile tener vivi i ricordi, ma purtroppo non abbiamo questa capacità”.
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Foto di Yle, Tesvisio da Wikimedia
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