Conosciuta già dagli antichi Greci e Romani con il nome di Sinonia, Zannone è la più settentrionale tra le Isole Pontine e la terz’ultima dell’arcipelago per estensione dopo Santo Stefano e Gavi.
Disabitata dagli anni ’70, è entrata a far parte nel decennio successivo del Parco Nazionale del Circeo. La scarsa presenza umana, ha fatto sì che l’isola conservasse un ricchissimo patrimonio naturalistico. Oggi è l’habitat incontaminato di numerose tipologie di uccelli migratori, mufloni e di altre specie endemiche, come la Podarcis siculus patrizii conosciuta anche come lucertola di Zannone.
Ma quest’oasi deserta a due passi da Ponza ricca di fauna e vegetazione lussureggiante non è sempre stata così tranquilla. Mezzo secolo fa era conosciuta con ben altro nome: l’isola delle orge. Negli anni ’60 infatti, Zannone era la dimora privata del Marchese Casati Stampa e di sua moglie Anna Fallarino, che qui erano soliti organizzare party a luci rosse. Festini che si conclusero tragicamente quando il 30 agosto del 1970 il marchese uccise a Roma sua moglie e il suo amante, per poi togliersi la vita. Oggi la villa è abbandonata e la natura selvaggia ha cancellato quasi ogni traccia di quello scenario alla Eyes Wide Shut.
Zannone è un luogo da scoprire a 360 gradi: i suoi fondali coperti di gorgonie ne fanno un paradiso per lo snorkeling e le immersioni, ma l’isola merita di essere esplorata anche in superfice.
L’unico punto di approdo si trova a Punta del Varo, nella parte nord-orientale. Qui è possibile ammirare i resti di un’antica Peschiera Romana ricavata nella roccia. Da Varo si inizia il cammino attraverso un antico sentiero tracciato dai monaci benedettini che sale fino alla cima del Monte Pellegrino, a circa 190 metri. Seguendolo arriverai ai ruderi del Monastero di Santo Spirito, un monastero cistercense eretto nel 504 e in seguito abbandonato a causa delle incursioni dei pirati saraceni, da cui potrai godere di una vista magnifica su Ponza e Palmarola. A questo punto il sentiero scende sul versante opposto e attraversa il bosco del Cavone del Lauro, una macchia di lecci, corbezzoli e querce secolari, per terminare infine presso il Faro di Capo Negro.
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